Asimov, i robot e l’impero

Asimov, i robot e l’impero

Se si esclude il ciclo di Lucky Starr, il “vagabondo dello spazio”, se si esclude la serie di libri sui Vedovi Neri (di genere giallo), e se si escludono i suoi testi scientifici, Isaac Asimov è l’autore che ha inventato (o scritto) il futuro del genere umano attraverso i tre Cicli dei Robot, dell’Impero e delle Fondazioni.
Scritti in maniera “disordinata” (rispetto alla catalogazione successiva), questi cicli partono da un futuro prossimo (il primo libro del ciclo dei robot, Abissi d’acciaio, si svolge a New York e a Spacetown, una città abitata da uomini provenienti dai Mondi Esterni, cioè alcuni pianeti colonizzati dalla Terra in un passato non precisato) fino ad arrivare a un domani remoto in cui la Terra e gli stessi robot fanno parte della mitologia, e in cui il grande impero galattico (protagonista del ciclo imperiale) viene sostituito dalle due fondazioni (il ciclo della fondazione).

A parte qualche “mutante”, tipo il Mule (una specie di freak dagli enormi poteri psichici, che tenterà di destabilizzare la prima fondazione per diventare il signore dell’universo), i personaggi dei libri di Asimov sono tutti uomini (e robot). Se cercate i marziani, non leggete Asimov. Nei suoi libri troverete i classici robot due-pinze, una specie di frigorifero con braccia e gambe, troverete l’evoluzione di questi robot da ammassi di ferraglia a esseri in tutto e per tutto simili agli uomini (vedi R.Daneel Olivaw, protagonista dei primi libri sui robot, e protagonista – migliaia di anni dopo, col nome di Eto Demerzel – di Preludio alla Fondazione), dalla creazione dell’impero galattico alla sua decadenza (per scrivere la quale Asimov si è ispirato alla caduta dell’impero romano), per arrivare alla psicostoriografia del grande Hari Seldon, il matematico che darà vita alla prima e alla seconda fondazione (create per accorciare il periodo di degrado successivo alla caduta dell’impero)

Leggendo Asimov non troverete omini verdi con antenne, ma il futuro del genere umano. Cosa straordinaria: troverete il futuro del genere umano come se fosse già avvenuto. Lo stile iperbolico di Asimov, che non ama indulgere troppo nei particolari ma lascia spazio alla fantasia del lettore, insieme alla sua preparazione scientifica fanno dei suoi libri delle vere e proprie enciclopedie del domani perfettamente verosimili. La sospensione dell’incredulità in cui il lettore dovrebbe cadere ogni volta che apre un libro si raggiunge in un istante, leggendo Asimov. Il primo libro che Asimov scrisse sulla fondazione, Foundation (“Cronache dalla galassia” nell’edizione italiana), racconta dell’evoluzione politica di questa fondazione (un pianeta di scienziati che deve prendere il controllo della galassia morente per farla uscire il prima possibile dall’oscurantismo post-imperiale) dal controllo scientifico a quello religioso a quello mercantile. Sembra più un testo di storia che un libro di fantascienza. E invece.

Per quanto riguarda i robot, Asimov, figlio di ebrei russi emigrati in America, ha attinto a piene mani alla tradizione cabalistica del golem, l’uomo d’argilla creato da Rabbi Loew a Praga seguendo i dettami del Sefer Jezirah, il Libro della Creazione. Secondo il romanzo di Gustav Meyrink, Il Golem, “applicando perdute formule della cabala, un rabbino costruì un uomo artificiale, che si chiamò Golem, perché suonasse le campane nella sinagoga e facesse i lavori pesanti. Non era, naturalmente, un uomo come gli altri: l’animava appena una vita sorda e vegetativa. Questa durava fino a sera ed era dovuta all’influsso di un’iscrizione magica, collocata dietro i denti della creatura, che attraeva le libere forze siderali dell’universo. Una volta, prima dell’orazione della sera, il rabbino dimenticò di togliere il talismano dalla bocca del Golem, e questo, caduto in frenesia, si mise a correre per i vicoli bui strozzando chiunque incontrasse. Il rabbino finalmente lo catturò, e ruppe il talismano che lo animava. La creatura crollò. E solo rimase la rachitica figura di fango, che ancora oggi si mostra nella sinagoga di Praga.”

Come tutti i sosia, come tutti i golem, il robot è un essere che potrebbe creare inquietudine. Sembra un uomo ma non lo è. Ci aspettiamo da lui comportamenti umani, ma poiché egli non è un uomo, i suoi atteggiamenti sono strani, diversi, l’anima “appena una vita sorda e vegetativa”, è come un’immagine allo specchio, o un manichino al museo delle cere. Sembra uno come noi, ma non è così. Da un momento all’altro potrebbe mettersi a correre per le vie della città a strozzare la gente. Eppure, i robot-golem di Asimov sono degli essere tranquillizzanti. Niente a che vedere con gli androidi di Philip Dick, o con le macchine di Matrix o con i vari frankenstein o doppi del nostro immaginario. I robot di Asimov sono degli esseri che non fanno paura. Al più, creano disagio. Ma non al lettore. Il disagio è di alcuni personaggi umani, che (nel ciclo dei robot) non riescono ad abituarsi all’idea di questi esseri uguali a loro ma fatti di metallo, con un sacchetto della spazzatura al posto dello stomaco e un cervello “positronico”. Il motivo per cui questi robot sono letteralmente dei servi degli uomini (il termine robot deriva da una radice ceca che significa “lavoro forzato”) va ricercato nelle celebri leggi della robotica elaborate dallo stesso Asimov.

Queste tre leggi, per come sono formulate, impediscono al cervello dei robot di agire contro gli uomini. Di più, fanno sì che i robot agiscano sempre per il meglio (da qui forse l’aggettivo positronico, positivo, con cui Asimov definisce il loro cervello). Le tre leggi della robotica sono costruite in modo da mettere al centro della vita del robot l’uomo. In modo da far sì che, qualsiasi cosa accada, la prima preoccupazione del robot è salvare l’uomo. Con Asimov, il robot smette di essere golem, “creatura amorfa”, e assume le sembianze di un angelo, di un custode, di un essere in grado di proteggere l’uomo negli abissi siderali del proprio futuro.

Ecco le tre leggi della robotica, così come si possono leggere in diversi punti dei libri di Asimov.

1. Un robot non può nuocere all’uomo né permettere che, per il suo mancato intervento, un uomo riceva danno.

2. Un robot deve sempre obbedire agli ordini ricevuti, a meno che questi non contrastino con la Prima Legge.

3. Un robot è tenuto ad autoconservarsi e a difendersi, a meno che questo non contrasti con la Prima e con la Seconda Legge.

Paco

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