La voce delle donne di Vera Ambra

La voce delle donne di Vera Ambra

Ho finito di leggere il libro di poesie “La voce delle donne”, di Vera Ambra ed anche questa volta, come per “Il Gabbiano e la luna” ho dovuto ricorrere a più di una lettura supplementare.
Attraverso la lente della mia cultura ancorata al classicismo sintattico della letteratura italiana tradizionale, dove le costruzioni dei periodi si intrecciano a versi armonicamente esternati con dovizia di punteggiatura e musicalità, l’opera in questione mi ha oltremodo coinvolto in emozioni diverse e nuove.

Dalla lettura del tutto emerge un quadro variopinto in cui astrattismo, ermetismo, dadaismo e quant’altro di moderno, trovano un’esternazione fantastica e sorprendente.
Ho avuto la sensazione di trovarmi alla presenza di un quadro dove le immagini costruite con le parole, vengono buttate a spruzzo e a pennellate sul foglio bianco con delle macchie variopinte e ricche di un significato recondito a prima vista incomprensibile.
Da questo quadro emerge la personalità dell’autrice, del tutto simile a quella di tutte le donne del suo periodo, variegata nelle molteplici sensazioni del suo essere e proiettata nella dimensione di acquisita libertà dagli atavici tabù ancestrali di un tempo .

Vestiamoci di modernità
e illudiamo d’inganno
l’involucro umano.

È questa una figura nuova della donna, padrona dei suoi sentimenti, libera da pudori opprimenti, pienamente cosciente del suo essere donna nei confronti dell’altro sesso, quasi spaccona della sua forza emotiva e delle sue possibilità reali. Tuttavia, di tanto in tanto, emerge un senso di disagio rispetto alla vecchia mentalità, che le crea momenti di smarrimento e di ripensamento.

Di chimere
dipingo i giorni
belletti e colore
delle maschere finte

Del resto ella vive in un periodo molto vicino a quello di transazione di due diverse modalità di costume ed è, quindi, giustificato qualche tentennamento, qualche incertezza e qualche paura.

Le parole, più che i versi, spiattellate in costruzioni asintattiche, tutte d’un fiato, senza punteggiatura, considerata un orpello del tutto superfluo, mirano soprattutto a creare immagini d’effetto scenico più che sentimentale. Anzi, direi, che il sentimento tipico delle donne del vecchio mondo, non esiste proprio. Il tutto, appunto, crea una teatralità studiata dove la centralità della scena è occupata da questo nuovo modello di essere donna, competitiva nei confronti dell’uomo anche nell’amplesso amoroso.

E così io pregherò
la mia stella ingrata
fammi incontrare
un guerriero sfinito
che a fatica stringe
la spada con le sue dita

È il calar di sera
che nel letto invita
l’inebriante odore
Dal tuo labbro
mancherà il respiro

Infine la Voce delle donne non poteva non alzare il tono contro lo strapotere di chi opprime indistintamente uomini e donne, affardellati, questa volta in una lotta comune contro il malcostume degli oppressori.

Rinchiusi
Interrogati
Torturati
La macchina del potere
è solo un trucco
Per mascherare
Un ciclo senza fine.

Solo in questa occasione appare evidente il pessimismo di una donna proiettata verso la libertà e cosciente della proprie forze nei confronti non proprio dell’uomo solamente ma del mondo intero.

In conclusione, siamo in presenza di una poesia, che rompe del tutto con il passato più remoto e che cerca anche di superare quello più recente.

Un ambizioso disegno e forse una via nuova da seguire.

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